La morte di Toaff Repubblicani in lutto con la comunità ebraica La morte di Elio Toaff è un lutto profondo per la comunità ebraica, lo Stato italiano e tutti noi repubblicani. Difficile ricordare una persona animata da un tale convinto sentimento religioso e pure capace di espriemere un pensiero liberale aperto al confronto con la realtà come lui. Nei 50 anni, dal 1951 al 2001, in cui Toaff ha guidato la comunità ebraica romana, abbiamo avuto modo di accorgerci pienamente di queste sue qualità straordinarie. È vero che egli diede un contributo eccezionale al dialogo ebraico-cristiano. Più generoso di quanto lo fossimo stati noi nei confronti di Pio XII, maturò un rapporto fecondo e dialettico con Giovanni Paolo secondo, capace di influire sulla condanna dell’antisemitismo compiuta dalla Chiesa, scrivendo quella che almeno dal nostro punto di vista, è una delle pagini migliori del cattolicesimo. La dimensione culturale di Toaff era amplissima e lo si vide nel 1992, quando alla sapienza di Roma contestò una lezione di De Felice sul fascismo, dove neppure era stato fatto un accenno alle leggi razziali, eppure Toaff riconosceva all’impegno storiografico di De Felice il valore che meritava, senza mai demonizzarlo. Il suo coraggio politico era ancora più forte. Dopo la morte del piccolo Stefano Tachè, Toaff disse a chiare lettere al presidente della Repubblica, Sandro Pertini di non presentarsi alla Sinagoga di Roma. Il governo socialista da lui nominato, aveva orchestrato una campagna mistificatoria dei fatti di Sabra e Chatila, accusando Israele di una responsabilità che non gli spettava. Il Psi aveva anche invitato Arafat In Italia nascondendo tutte le responsabilità dell’Olp nella crisi in Medio oriente. Tutte le forze politiche italiane corsero al cospetto del leader palestinese, quasi non si trattasse di un terrorista della peggior specie. Tutte le forze politiche italiane, escluso il Pri, guidato da Giovanni Spadolini. I rapporti fra la comunità ebraica ed il partito repubblicano affondano nella storia risorgimentale dell’Italia e Toaff, impegnato nella lotta antifascista, mai avrebbe potuto trascurare questa realtà. Ma all’indomani della visita di Arafat in Italia, il legame dei repubblicani con Toaff divenne anche più stretto. Egli comprese che solo su una forza politica la comunità ebraica avrebbe potuto contare nel momento del bisogno. Perché solo una forza politica, capace di una valutazione propria delle vicende internazionali ed impermeabile alle pressioni dell’opinioni pubblica, può essere davvero amica di un popolo elevato a capro espiatorio per troppe volte nell’intera storia dell’umanità. Roma, 20 Aprile 2015 |